La Sfincia di S. Giuseppe: un dolce che racconta la storia della Sicilia

La Sfincia di S. Giuseppe

Entrare in una pasticceria siciliana è un’esperienza che mette a dura prova anche i palati più morigerati e salutisti, ma provate ad entrare il 19 marzo, giorno della festa di San Giuseppe, e potete dire addio ad ogni vostra buona intenzione e a tutte le promesse di mettersi a dieta. Vi troverete davanti distese di sfincie di San Giuseppe, dolce tipico siciliano per la festa del papà, composto da una pasta molto soffice e spugnosa, fritta in abbondante strutto bollente, e poi ripiena e ricoperta di ricotta di pecora addolcita con zucchero, condita con gocce di cioccolato fondente e guarnita con frutta candita e granella di pistacchio. Serve altro?

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Una vera delizia sia per gli occhi che per il palato, un dolce composto da pochi e semplici ingredienti ma così buono da  essere ufficialmente inserito nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (P.A.T) del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali.

Da dove deriva il nome della Sfincia di S. Giuseppe?


Il nome “sfincia” ha origini molto antiche e racconta molto del percorso variegato di popolazioni che sono passate in Sicilia.  Il termine latino spongia significa spugna, un termine che ben descrive la consistenza e la forma del nostro dolce. Ma il termine sfincia non deriva direttamente dal latino ma dall’arabo. O forse sarebbe meglio dire da un arabo mescolato con il latino.

Quando gli arabi infatti arrivano nel nord Africa, si trovano in un territorio che per lungo tempo è stato una provincia romana e quindi qui si parlava il latino. Ecco che il termine spongia diventa isfang, e giunge in Sicilia con la dominazione araba a partire dall’800.

Un viaggio decisamente affascinante che ci fa capire come le nostre culture siano “contaminate” da mescolanze di tante culture passate.

Le origini della Sfincia di S. Giuseppe


La sfincia di S. Giuseppe ha origini piuttosto antiche: si tratta di una evoluzione dei classici pani  dolci arabi. Furono poi le suore dell’antico Monastero delle Stimmate di Palermo a tramandare la ricetta ai pasticcieri palermitani i quali, senza farsi pregare più di tanto, contribuirono ad arricchire la ricetta molto semplice con la ricotta e la frutta candita, trasformandola nel dolce che tutti oggi conosciamo.

Come detto all’inizio è tipico della festa di San Giuseppe, ma lo si trova nelle pasticcerie praticamente tutto l’anno, o almeno fino a quando si trova la ricotta fresca. Quindi non vi resta che provarlo!

Informazioni su Giusy Vaccaro 439 Articoli
Autrice del blog Io Amo La Sicilia. Nata e cresciuta a Palermo, amo la mia terra, nonostante le sue infinite contraddizioni.

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